Un gruppo che ha l’obiettivo di analizzare ed esaminare insieme a chi vi partecipa quali sono le dinamiche relazionali inerenti il proprio contesto familiare.
Un’esigenza nata anche dal fatto che nella struttura, per questioni organizzative, non è possibile effettuare dei veri e propri gruppi familiari che consentirebbero di lavorare concretamente anche con i componenti del nucleo familiare degli ospiti. È per questo che, in alternativa, abbiamo simulato una personificazione della loro presenza per evidenziare e analizzare con i componenti del gruppo come, dal loro punto di vista, sono caratterizzate le relazioni, storiche ed attuali, con le persone di riferimento.
Il gruppo, condotto da una psicologa psicoterapeuta e da un educatore dell’equipe della comunità, ha un orientamento sistemico relazionale che osserva e studia il comportamento dell’individuo ponendolo al centro del sistema di relazioni in cui la persona è nata, è cresciuta e in cui vive: trattare le relazioni significa trattare anche i pensieri, le emozioni, i vissuti e le storie che si legano ad esse, anche a livello individuale. Un lavoro che viene fatto appunto attraverso un approccio che si definisce sistemico nel quale il disagio espresso dal singolo viene letto come espressione di un problema nel suo sistema di relazioni.
In un’ottica sistemico relazionale la famiglia infatti è un vero e proprio sistema che ha, tra i suoi compiti, quello di favorire lo sviluppo psicologico e sociale dei suoi membri; segue un suo ciclo vitale, passando attraverso diverse fasi, ognuna caratterizzata da compiti evolutivi. La dipendenza da sostanze è il sintomo di un problema e come tale assume un suo significato specifico all’interno del sistema familiare in cui si manifesta; mette la famiglia spesso nella condizione di non doversi confrontare con nuove modalità di interazione, di evitare i cambiamenti e di congelare i ruoli, interrompendo e arrestando il normale ciclo evolutivo: i modelli relazionali non cambiano e l’intera famiglia si trova a reiterare e a persistere nello stesso schema disfunzionale.
Ai partecipanti in prima battuta viene data una breve spiegazione teorica sui Sistemi (cosa sono, da cosa sono caratterizzati, come funzionano, etc…) su come siano interconnessi e come interagiscono tra di loro e con l’ambiente esterno, reagendo ed evolvendo come un tutto. Il cambiamento di un elemento del Sistema porterà quindi al cambiamento parallelo degli altri elementi facenti parte dello stesso Sistema.
La dipendenza spesso rappresenta anche la conseguenza di una crisi sia individuale che familiare è per questo che è fondamentale un’azione terapeutica mirata sia verso la persona coinvolta direttamente nel problema sia verso la famiglia, offrendo così a tutti i componenti la possibilità di uscire dagli schemi rigidi e ripetitivi che stanno alla base del blocco evolutivo, e la possibilità di cogliere le sfide che ne impediscono il cambiamento e a ridare linfa a quella spinta evolutiva necessaria a tutti i suoi membri.
L’obiettivo del gruppo è agevolare in ogni partecipante una presa di coscienza dei comportamenti e delle dinamiche relazionali ed interpersonali dis/funzionali vissute all’interno dei sistemi di appartenenza (familiari e non); infatti è facendo emergere la disfunzionalità dello schema che auspicabilmente possiamo far in modo di rompere il suo circolo vizioso; spezzando le ripetizioni automatiche di determinati comportamenti/atteggiamenti possiamo quindi concepire nuovi modi, sani e funzionali, di stare in relazione con l’altro. In particolare l’intento è quello di approfondire quali sono, da parte dei componenti del gruppo, quelle dinamiche relazionali che hanno presumibilmente provocato la dipendenza o quelle che sono emerse in seguito nel contesto di riferimento e nelle relazioni preferenziali.
Un attento sguardo viene anche rivolto ai meccanismi della comunicazione, quale “strumento principale di relazione che l’uomo ha a disposizione per creare e mantenere la relazione con i suoi simili (Quadrio, Venini, 1997) e sul ruolo che ha nell’esacerbare le conflittualità” (facendo riferimento ai 5 assiomi della comunicazione umana, secondo la Scuola di Palo Alto). A dispetto della comunicazione disfunzionale e patologica, si cerca di mettere un accento positivo su quella che viene denominata “comunicazione efficace”, soffermandosi sugli aspetti dell’empatia e dell’assertività. Ultimo obiettivo, ma non per importanza, è quello legato all’apprendimento di strategie sane e funzionali di regolazione emotiva: un’efficace gestione emotiva passa per il corretto riconoscimento dell’emozione provata, l’accettazione, l’autovalidazione, l’espressione e l’apprendimento.
Il confronto reciproco e la lettura in gruppo di quanto emerso, permette poi ai componenti di rispecchiarsi nell’altro e di trovare nuovi ed utili spunti di crescita a livello individuale e sistemico.
Un gruppo che, nonostante le difficoltà e le resistenze iniziali alla partecipazione, proprio in relazione alla delicatezza di quanto viene trattato, ha poi raggiunto al suo interno la giusta sintonia e coinvolgimento dei partecipanti e verrà riproposto sistematicamente nella struttura, con cadenza settimanale e per una durata di due mesi.