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La storia di L. dalla Comunità Dianova di Montefiore

Sono arrivato nella Comunità di Montefiore a novembre 2020…

Ho 33 anni e sono qui perché utilizzavo eroina e cocaina. Sono originario dell’Ecuador ma cresco in un paesino sperduto nelle Montagne nel territorio delle Marche. Il mio papà è italiano, la mia mamma dell’Ecuador e si sono conosciuti quando lui era lì per lavoro e poi si sono trasferiti insieme in Italia. Mia madre non era contenta di lasciare la sua terra, ma con occhi da sognatrice sperava di trovare in Italia un futuro migliore. Un po’ come sogno io adesso di avere un’altra opportunità. Ho abusato di diverse sostanze per 15 anni, varie perdite importanti, vari fallimenti e poi l’oblio. Ad un certo punto perdi la visione d’insieme, la speranza e tutto il resto.

Ti ritrovi in una situazione in cui ti lasci andare del tutto e ti ritrovi a un certo punto a far sempre di più terra bruciata e poi ti annichilisci e ad un certo punto inizi a compiere dei crimini sempre più crimini e poi ti beccano.

Io sono stato arrestato per rapina, arrivo dal carcere, sto scontando qui la mia pena. Ho deciso di entrare in Comunità proprio per darmi una nuova possibilità, perché in carcere si ripetono certe dinamiche…

Il luogo dove ti trovi ti plasma, come con la tossicodipendenza, a un certo punto vedi solo quello e cambi proprio la visione d’insieme, mi rendo conto che mi erano stati inculcati certi valori che mi avevano formato da piccolo e al posto di sprofondare sono risalito, mi sono aggrappato a quei valori, ho tirato fuori questa risorsa e ho scoperto che nonostante la droga e i crimini questi valori erano ancora vivi in me. La dipendenza è difficile da superare, diventa un tuo modo di essere ti cambia il carattere, non ti accorgi neanche che già stai agendo, diventa un istinto.

La comprensione del nostro modo di essere è importante, però se le persone hanno presenti i loro valori, diventano una tua risorsa una cosa a cui puoi attingere.

In passato odiavo le comunità, avevo un’idea della comunità completamente diversa, si pensa che in comunità ti fanno il lavaggio del cervello, che ti inculcano qualcosa di non tuo e io non volevo cambiare così… e anche fuori sentivo le persone che mi dicevano di non andare in comunità perché poi li ti cambiano la testa… a casa mia questo è venuto fuori anche da conoscenti e amici e poi quando hanno visto il mio cambiamento si sono resi conto anche loro che stava funzionando.
Però è una scelta che parte da te, nessuno può costringerti a cambiare, per far funzionare il percorso devi volerlo.

Io avevo già preso il carcere come una comunità riabilitativa, quando la psicologa del carcere mi diceva di andare in Comunità io le rispondevo “guarda ma io già sto facendo una comunità”, perché in carcere lavoravo, facevo le attività per tenermi impegnata la mente, a volte giocavo a calcio, quando si poteva. Ero molto combattuto perché almeno in carcere lavoravo, mi tiravo su due soldi mentre in comunità non sapevo come funzionava… non conoscevo il meccanismo.

Quando ho deciso che la comunità poteva essere la mia strada è stata la dottoressa del sert del carcere che prima di tutto mi ha ascoltato…è lei che si è messa in contatto con Dianova.

Volevo cambiare, stavo correndo contro me stesso ma quando corri c’è una parte buona e una cattiva dentro di te e lì devi sbrigarti a prendere quella buona se no l’altra prende il sopravento e a un certo punto c’è quella parte istintiva che ti dice “ma dove vai? Cosa fai?” però io sono uno che si mette in gioco e quando sono venuto qui nella Comunità Dianova di Montefiore mi si è stravolta la vita sono esploso talmente tante volte che a un certo punto mi sono creato un universo nuovo.

Io volevo scappare via dalle Marche all’inizio e poi invece sono venuto qui, ho fatto con il responsabile del Centro di Ascolto i primi colloqui, ma nemmeno mi ricordo cosa gli dicevo: erano solo sfoghi e lui mi ascoltava e cercava di darmi una certa impostazione ma io stavo scoppiando, non riuscivo, ero talmente spento che ricordo solo sprazzi di frustrazione, tante emozioni contrastanti, e lui mi riportava alla comunità, mi diceva che sarebbe stato un posto migliore dove avrei potuto risolvere i miei problemi e poi mi ascoltava e mi ascoltava… quando abbiamo accumulato abbastanza problemi abbiamo deciso di agire.

Qui ti ritrovi a dover costruire rapporti con tutti e io diciamo che sono una persona selettiva, ti squadro subito e prima di cambiare idea su qualcuno ce ne vuole…adesso invece sto cercando di fare quel passo in più, a non seguire il preconcetto subito ma ad ascoltare e ad assimilare. Non puoi conoscere una persona in tutta la vita, le persone cambiano sempre, il fallimento comunque ti rimette in allerta.

Accettare determinate difficoltà è la cosa che ho imparato a fare qui in Comunità; cerco sempre di alzare il livello, di migliorare con le persone e di lavorare su me stesso. Fino ad adesso ho schivato tutte queste cose, soprattutto i rapporti con le persone, invece adesso ho capito l’importanza delle relazioni, del contatto…

Sono molto diffidente, pretendo molto dalle persone e le metto sempre alla prova perché faccio la stessa cosa con me stesso. Ma ci sto lavorando, è fondamentale riuscire ad accettare sé stessi e il proprio carattere.

Non ho paura della droga oggi, ho paura di me stesso, della voglia di staccarmi dalla realtà… so che è un meccanismo molto semplice, non c’è nessuno che viene a conficcarti un ago in vena, la scegli tu quella strada. È quando smetti di credere in te stesso e nel prossimo che perdi la fiducia in tutto.

Hai un problema di dipendenza? Scopri come entrare in Comunità

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