Le crisi internazionali non fanno altro che amplificare le disuguaglianze e colpire più pesantemente le persone che vivono in situazioni di vulnerabilità.
La Dichiarazione di Dianova International per il 26 di giugno 2022 in occasione della Giornata Internazionale contro l’abuso e il traffico illecito di droghe
Il mondo è in subbuglio e gli equilibri internazionali sono sempre più minacciati. Ai gravi problemi derivanti dal cambiamento climatico, ai recenti conflitti in Yemen e Myanmar si aggiungono la crisi causata dalla pandemia da Covid-19 e una guerra, impensabile sino a poco tempo fa, alle porte dell’Europa.
L’impatto sproporzionato del Covid-19 sulle popolazioni più vulnerabili
In molti paesi le misure implementate per rispondere alla pandemia hanno avuto un impatto estremamente sproporzionato sulle popolazioni più vulnerabili.
Secondo un’indagine realizzata da Amnesty International in 28 paesi, le misure adottare per contrastare il Covid-19 si sono basate su un approccio estremamente punitivo.
Molte persone sono state perseguitate, detenute e messe in carcere per non aver rispettato le misure sanitarie messe in atto e in alcuni casi hanno subito anche violenze e molestie da parte delle forze dell’ordine; questo approccio punitivo ha contribuito a ridurre l’accesso ai servizi essenziali (alloggio, cibo e assistenza sanitaria) e ad incrementare la stigmatizzazione e le disuguaglianze sociali verso alcuni gruppi più vulnerabili.
Queste conseguenze drammatiche non si sono verificate soltanto in paesi dove non esiste una tutela e una cultura dei diritti umani, l’impatto devastante della pandemia è stato estremamente rilevante anche in quei paesi dove le disuguaglianze strutturali sono presenti da sempre.
Negli Stati Uniti, ad esempio, alcune comunità nere e afroamericane hanno registrato una mortalità da Covid-19 due volte superiore rispetto a quella delle altre comunità[1]. I migranti e i rifugiati[2], in generale, sono state la popolazione maggiormente colpita da questa crisi sanitaria a causa dell’impossibilità di accesso all’assistenza sanitaria e al problema dettato dalle barriere linguistiche. Infine, la situazione della popolazione carceraria è stata gravemente colpita a causa sia della scarsa assistenza sanitaria interna sia dei problemi legati al sovraffollamento che hanno reso impossibile il distanziamento fisico[3].
L’impatto delle restrizioni per le persone che manifestano un consumo problematico di droghe
Le restrizioni imposte dai diversi governi in tutto il mondo per contrastare la pandemia da Covid-19 hanno avuto un notevole impatto negativo per le persone che manifestano un consumo problematico di sostanze soprattutto in relazione all’accesso ai servizi di cui hanno bisogno[4].
Inoltre, l’approccio punitivo e criminalizzante in atto nella maggior parte dei paesi del mondo, applicato anche durante la pandemia, ha amplificato la discriminazione e la stigmatizzazione verso le persone che fanno uso di droghe illecite.
Questo tipo di approccio ha colpito maggiormente i più vulnerabili tra di loro: i senza fissa dimora, i migranti e i rifugiati, le lavoratrici e i lavoratori del sesso e quelli con disturbi gravi legati alla salute mentale.
Questi gruppi soffrono già di isolamento sociale, della precarietà legata al lavoro e al basso reddito. Le conseguenze della pandemia hanno aumentato ulteriormente queste vulnerabilità, rendendo particolarmente difficile l’accesso all’assistenza sanitaria e in particolare ai servizi che intervengono nell’ambito delle dipendenze.
In alcuni luoghi, i servizi dedicati alla prevenzione e alla cura hanno chiuso e smesso di accogliere nuovi utenti. I servizi a bassa soglia e di riduzione dei rischi e/o dei danni (distribuzione di siringhe, di naloxone o gli interventi diretti) sono stati estremamente limitati a causa del distanziamento sociale non essendo considerati servizi essenziali (al contrario eccome se lo sono!).
Nel 2021 la situazione è migliorata soprattutto grazie alla capacità di adattamento dei servizi alle persone che manifestano disturbi connessi alle sostanze. È importante sottolineare che, dall’inizio della pandemia, Dianova ha mantenuto aperte le sue strutture di cura, adottando misure rigorose per proteggere le persone accolte e il personale, tutto ciò è stato possibile grazie allo sforzo messo in campo da tutti per non lasciare indietro nessuno.
Agire a favore dei più vulnerabili
La pandemia da Covid-19 ha evidenziato le enormi differenze presenti nel mondo in relazione all’assistenza e all’accesso alle cure sanitarie nella popolazione. Le comunità e i gruppi più vulnerabili vengono colpiti in modo sproporzionato da questa e altre malattie: differenze che diventano ancora più evidenti quando si tratta di persone con problemi legati alle sostanze.
Non si è riusciti a fornire a queste persone l’aiuto di cui hanno bisogno spesso a causa di approcci punitivi che inducono a percepire chi ha problemi legati alle sostanze in delinquenti piuttosto che in persone bisognose di cure.
Oggi, le evidenze scientifiche, mostrano che gli approcci punitivi verso le droghe non solo sono ingiusti, colpendo maggiormente le popolazioni dei quartieri più emarginati, i poveri e le minoranze etniche, ma addirittura inefficaci[5].
Questi approcci, consolidati da decenni ed esacerbati dalle misure anti-Covid-19, non sono una fatalità, ma il frutto di un modello di salute pubblica presente in quasi tutto il mondo.
Per questo Dianova chiede che venga effettivamente applicato, anche per le problematiche legate ai disturbi da consumo di sostanze, un vero approccio di salute pubblica che sia in grado di rispondere alle esigenze di tutti, anche dei più vulnerabili.
Dianova, inoltre, aderisce alla campagna UNODC #CuidadosEnTiemposDeCrisis e invita i governi, le organizzazioni internazionali, la società civile e tutte le persone interessate ad implementare misure urgenti e necessarie a proteggere le persone e rafforzare gli interventi volti alla prevenzione e alla cura dei disturbi legati al consumo problematico di sostanze.
La pandemia da Covid-19 e le conseguenze socio-sanitarie delle diverse crisi mondiali ci insegnano che è urgente riaffermare e difendere il diritto universale alla salute e al benessere. Come sottolinea l’Agenda 2030, un futuro più giusto e più equo dipende dall’impegno comune nel “non lasciare indietro nessuno”. Se vogliamo costruire un mondo in cui tutti abbiamo l’opportunità di raggiungere il massimo livello di salute e benessere, dobbiamo agire ora a favore dei più vulnerabili.
I disturbi legati alle sostanze sono un problema di salute pubblica.
I servizi di cura per le dipendenze sono essenziali.
[1] La comunità nera di Chicago rappresenta il 30% della popolazione della città, ha avuto il 52% di casi di Covid (aprile 2020) e di questi quasi il 70% sono deceduti. Queste comunità hanno spesso problemi di salute “non diagnosticati” che hanno origine anche dal contesto sociale (violenze e disagio generalizzato) e dalla mancanza di mezzi economici che limitano l’accesso all’assistenza sanitaria esponendole a una maggiore vulnerabilità verso il virus. Leggi il riferimento
[2] Molti evitano il ricorso all’assistenza sanitaria per paura di essere considerati un “peso pubblico” e di non veder accolta la propria richiesta di ammissione nel paese ospitante.
[3] Secondo la ONUDD (Ufficio contro Droga a Criminalità delle Nazioni Unite); la popolazione carceraria tra il 2000 e il 2019 è cresciuta del 25%; a maggio del 2021 erano 550.000 i detenuti in 122 paesi che avevamo avuto l’infezione da Covid-19.
[4] In particolare i servizi per la prevenzione e la cura dei disturbi da uso di sostanze, servizi di cura delle comorbidità (HIV-AIDS, epatite C, tubercolosi) e servizi di cura con agonisti degli oppiacei (trattamenti sostitutivi).
[5] Negli Stati Uniti, ad esempio, più di 300.000 persone sono in carcere per reati legati alla droga (rispetto a meno di 25.000 nel 1980), ma questi interventi punitivi non hanno avuto alcun impatto sul consumo di droga o sui decessi da overdose.