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Un’intervista ad Anna e Cristina, insegnanti nella Comunità di Ortacesus

Una testimonianza dell’importanza del progetto “Non è mai troppo tardi: portiamo la scuola in comunità”

Anna e Cristina sono insegnanti del C.P.I.A. (Centro Provinciale Istruzione Adulti) di Cagliari e collaborano con Dianova dal 2015, anno in cui è stato introdotto in comunità il progetto “Non è mai troppo tardi: portiamo la scuola in comunità”. Insegnano rispettivamente francese e italiano e una volta a settimana svolgono con i nostri ragazzi attività laboratoriali e progetti di diverso tipo.

Da quanto tempo collaborate con Dianova? Cosa vi ha spinto a scegliere di lavorare con gli adulti?

Collaboriamo con la Comunità Dianova di Ortacesus da ormai sette anni, dal 2015. La scelta di lavorare con gli adulti in realtà è stata un po’ dettata dal caso. Dopo aver lavorato per anni con i ragazzi siamo entrate nella realtà educativa adulta e, se inizialmente eravamo spaventate da questa sfida, abbiamo presto potuto sperimentare quanto lavorare con altri adulti sia in realtà stimolante e motivante. C’è infatti uno scambio reciproco, un confronto attivo. In comunità l’esperienza è ancora diversa e abbiamo lottato tanto affinché venisse concretizzata la proposta di portare la scuola in questa realtà.

Quali sono gli strumenti che utilizzate generalmente per le vostre lezioni?

Oltre alle lezioni classiche frontali cerchiamo di rendere l’insegnamento e l’apprendimento interattivi. Crediamo molto nell’importanza della lettura, perciò abbiamo attivato un laboratorio in cui proponiamo delle letture ai nostri studenti e poi guardiamo i film tratti da esse, commentandoli insieme. Attraverso la lettura cerchiamo di catturare l’attenzione dei ragazzi proponendo testi che possano essere per loro interessanti ma al contempo educativi e che affrontino tematiche rilevanti, come l’educazione civica e la legalità. È bello vedere come anche persone che non hanno mai letto un libro, si incuriosiscano e partecipino attivamente. Anche le canzoni sono un bel punto di partenza per far riflettere.

L’educazione in età adulta è sicuramente una sfida non facile da affrontare, poiché si sono già interiorizzati pensieri, pregiudizi, vissuti, credenze talvolta difficili da sradicare o da ammorbidire, a maggior ragione in un contesto come quello comunitario. Come affrontate voi questa sfida?

Affrontiamo questa sfida entrando in sintonia con loro, vedendoli semplicemente come persone quali sono, senza giudizi o etichette. Sono persone con le loro esperienze, positive o negative, con un loro bagaglio di vita che va rispettato. Non entriamo mai nel personale, non facciamo domande sulla loro vita, sono loro che, se ne sentono il bisogno, parlano con noi e si raccontano. Il nostro diventa così un rapporto di fiducia, rispetto e collaborazione. Crediamo che l’empatia debba essere alla base del nostro lavoro e che la scuola sia fondamentale per completare il loro percorso di riabilitazione e reinserimento. Lavoriamo sull’autostima dei ragazzi, sulle loro possibilità di riuscita, credendoci noi per prime fermamente e integrando quello che è il lavoro degli operatori della struttura, con cui c’è sempre stata una forte stima corrisposta.

Come è percepito il vostro lavoro in comunità all’esterno?

All’inizio purtroppo non particolarmente bene. Ci siamo dovute scontrare con commenti diffidenti, anche da parte di persone vicine a noi. Il nostro è stato visto come un lavoro di serie B. Adesso invece chi ci conosce e chi parla con noi sa quanta passione, impegno ed entusiasmo mettiamo nel nostro lavoro e dai nostri racconti si coglie l’importanza che per noi e per i nostri studenti ha questo progetto.

Quali sono le più grandi soddisfazioni che traete dal vostro lavoro in comunità?

Spesso i ragazzi sono intrisi di negatività, si demoralizzano, pensano di non riuscire a fare determinate cose, invece è bello metterli alla prova, accompagnarli e osservarli mentre pian piano raggiungono i loro risultati, capendo di potercela fare. Questa è una soddisfazione molto grande.

Oltre alle lezioni frontali proponete ai ragazzi corsi e uscite formative durante l’anno scolastico, che loro apprezzano sempre. Ne avete altre in programma?

Assolutamente sì, anche se purtroppo la pandemia ci ha rallentate un po’ in questo aspetto. Tra le uscite a breve termine abbiamo in programma uno spettacolo teatrale ambientato nel periodo della Seconda Guerra mondiale a Cagliari. Altre uscite sono previste per la primavera. Speriamo di potere presto riattivare anche dei corsi, infatti negli scorsi anni ne abbiamo proposti diversi, tra cui quello da pizzaiolo ‘Arte della pizza’, da giardiniere, di pasticceria ed educazione linguistica ‘Dolci ricordi’, di teatro. Riteniamo sia importante offrire loro, oltre alle nozioni teoriche, anche esperienze concrete e maggiori opportunità in ambito lavorativo.

Evidente e dimostrata è la correlazione tra uso di sostanze e abbandono scolastico, con conseguente basso livello di scolarizzazione. Da insegnanti, che genere di intervento sentite di poter fare ai vostri studenti in comunità, ma anche ai ragazzi delle scuole, in relazione a questo sull’importanza dell’educazione e dell’istruzione?

Riteniamo che la scuola sia molto importante e nel caso dei ragazzi della comunità essa costituisce un’esperienza, un percorso che loro non hanno mai affrontato davvero, per diversi motivi. Gran parte di loro hanno un ricordo negativo della scuola, quando si è giovani spesso viene vista più come una costrizione, ma in realtà istruzione, cultura ed educazione sono e dovrebbero essere elementi essenziali nella vita di ognuno. Per quanto riguarda i giovani, che si trovino in una situazione di smarrimento e a rischio ma in generale per chiunque, crediamo che portare la testimonianza nelle scuole possa essere il migliore atto di prevenzione, soprattutto se l’intervento viene proposto da chi in determinate situazioni ci è realmente passato.

Qual è l’augurio che vorreste fare ai vostri studenti in comunità?

Quello che possiamo augurare loro è di andare avanti per la loro strada con lucidità, ricostruendo la propria vita e i propri rapporti con le loro forze e l’aiuto di chi li circonda. Auguriamo loro di potere credere in sé stessi, di avere fiducia e di vivere serenamente. Il nostro obiettivo è quello di educare al bello e speriamo fermamente che i ragazzi, questa bellezza possano coglierla e scoprirla davvero.

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