È di questi giorni la dichiarazione del Ministro Salvini riguardo alla possibile emanazione di un nuovo decreto legge.
L’intervento sul concetto di modica quantità e/o detenzione ai fini di uso personale è il punto focale della proposta del nuovo DDL.
Una proposta molto simile alla Fini-Giovanardi del 2006 che prevedeva pene da due a sei anni di reclusione per gli spacciatori: una legge che tredici anni dopo non solo non ha risolto il problema del consumo di droghe, ma è anche stata dichiarata incostituzionale dalla Consulta (nel 2014) e considerata la causa principale del sovraffollamento delle carceri.
La dichiarazione mette insieme concetti alquanto obsoleti anche in termini comunicativi: la “lotta alla droga” dichiarata come un fallimento dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite sulla droga (meglio conosciuta come UNGASS 2016) e il “combattere il consumo” in qualsiasi forma.
Per riassumere brevemente ci sembra importante riportare la posizione della rete Dianova, alla quale aderiamo, che da oltre trent’anni interviene nell’ambito della dipendenza sui punti focali in esame in questo DDL.
Dianova prende atto dei limiti delle politiche internazionali centrate principalmente sul proibizionismo e la repressione: l’ideale di un mondo senza droghe era cosa credibile cinquant’anni fa; oggi, con i dati in nostro possesso, ciò non è più realistico. L’incapacità di fermare l’aumento del traffico, la corruzione e il consumo di sostanze psicoattive, in particolare tra i giovani, dimostra la necessità di rivedere l’approccio.
Viceversa sostiene l’evoluzione delle politiche nazionali delle droghe verso la depenalizzazione del consumo di tutte le sostanze psicoattive: centinaia di migliaia di tossicodipendenti sono criminalizzati e marginalizzati nel mondo semplicemente per aver consumato droghe illegali. È favorevole all’attuazione di politiche che si basino sulla salute pubblica e sui diritti umani, ed esige che si ponga fine a questa emarginazione dei tossicodipendenti che risulta inefficiente e preclude l’accesso ai servizi di cui hanno bisogno.
Come Dianova consideriamo di fondamentale importanza, invece, il contrasto e la repressione del grande traffico di stupefacenti detenuto dalle organizzazioni criminali presenti da sempre in Italia; perseguire questo obiettivo, tuttavia, non ha nulla a che vedere con la criminalizzazione del consumatore/abusatore di sostanze.
L’introduzione della “modica quantità” ha visto gli albori dopo la metà degli anni 70’ e si è evoluta fino alla metà degli anni 90’, rendendosi necessaria perché già in quel periodo nelle carceri italiane ci finivano principalmente i consumatori di sostanze. In quegli anni siamo stati capaci di superare il dogma che identificava la persona dipendente come un delinquente: sarebbe alquanto assurdo ritornare a riproporre questa equazione.
Viviamo in una società che ha fatto della dipendenza un modello. Tutti dipendiamo da qualcosa, e questi modelli vengono ovviamente replicati anche dai nostri ragazzi; oggi, però, più che mai dobbiamo capire il perché del ritorno della dipendenza da sostanze, chiederci cosa è cambiato e quali sono i riferimenti educativi ai quali questi giovani possono guardare. È qui che dobbiamo tornare a lavorare: ritornare ad educare e non solo a punire.
La dipendenza non è figlia esclusivamente del disagio sociale, ma talvolta è il sintomo di un malessere che molti giovani, attraverso l’uso della sostanza, tentano di curare, e che loro stessi definiscono come una forma di automedicazione per poter vivere.
È da queste considerazioni che sarebbe opportuno partire per sviluppare e investire su interventi che abbiano come scopo:
– L’educazione degli adulti (genitori, insegnanti, ecc.);
– Il sostegno allo sviluppo e alla crescita dei giovani;
– l’offerta di interventi differenti sulla base dei bisogni e delle risorse proprie delle persone per arrivare al raggiungimento della massima autonomia attraverso interventi integrati e multidisciplinari.
In conclusione, l’Italia è il Paese che più ha saputo lavorare e proporre strategie ed interventi nell’ambito delle dipendenze, con una lunga tradizione e cultura su questo fenomeno, pioniera in termini legislativi e di integrazione tra servizi pubblici e privati e che è riuscita, nonostante tutto, ad arginare un’epidemia che negli anni 80/90 ha distrutto la vita di tante persone e di tante famiglie. Oggi la fase pionieristica ed empirica ha lasciato spazio a quella scientifica che ha fatto numerosi progressi; possiamo contare su evidenze ed esperienze che ci permettono di analizzare e di affrontare il problema con una maggiore conoscenza e con differenti approcci possibili di intervento.
Un ultimo “piccolo” particolare: resta da capire in che termini e con quante e quali risorse lo Stato e la Politica vogliano investire per rispondere a questo malessere che si sta diffondendo sempre di più tra i nostri giovani.