Di che cosa si tratta e come riconoscerlo
1.Hikikomori: che cos’è questo fenomeno e come nasce
2.Hikikomori: quali sono le cause
3.Come riconoscere i sintomi dell’isolamento volontario
4.Come aiutare chi si isola volontariamente
Hikikomori o isolamento volontario: cos’è questo fenomeno e come nasce
Hikokomori è un termine che viene presentato per la prima volta nel 1998 dallo psichiatra giapponese Saito Tamaki e deriva dai verbi “hiku” (tirare indietro) e “komoru” (ritirarsi). Sempre Saito dà la prima definizione di Hikikomori che descrive come: “persone che entro la terza decade di vita diventano reclusi nella propria casa, in cui restano per almeno sei mesi, e per le quali altri disturbi psichiatrici non spiegano il sintomo principale di rinuncia alla vita sociale”.
Ancora oggi il termine Hikikomori viene utilizzato per indicare quelle persone che volontariamente scelgono di isolarsi completamente dalla società per un periodo superiore ai 6 mesi.
Questo fenomeno che in italiano può essere definito “isolamento volontario” è stato osservato per la prima volta appunto in Giappone che, secondo indagini ufficiali del governo, registra ad oggi oltre 1 milione di giovani tra i 14 e i 30 anni (70%-90% di genere maschile) hikikomori.
Nonostante questo fenomeno colpisca generalmente gli adolescenti in Giappone si registra un aumento nella fascia di popolazione over40 proprio a causa della cronicità di questa condizione che rischia di durare per tutta la vita.
In Italia secondo l’Associazione Hikikomori Italia ci sono circa 100.000 giovani che hanno scelto di isolarsi volontariamente.
Secondo la Relazione al Parlamento sulle Tossicodipendenze 2023 (dati 2022) che ogni anno analizza il fenomeno delle dipendenze in Italia, circa 55.000 studenti dichiarano di essersi volontariamente isolati senza andare a scuola e/o frequentare amici o conoscenti.
Hikikomori: quali sono le cause
Nei paesi orientali (Giappone, Cina, Corea etc…) dove il fenomeno degli Hikikomori è maggiormente diffuso e conosciuto molti studiosi ipotizzano che una serie di fattori socio-culturali ne abbiano favorito lo sviluppo, la timidezza, la riservatezza e l’ansia sociale proprie dei ragazzi giapponesi che tradizionalmente vivono con i genitori fino al matrimonio oppure il calo delle nascite ha portato sempre più figli unici che tendono quindi a non avere interazioni con fratelli o sorelle sono alcune ipotesi prese al vaglio.
Diversi studi hanno sottolineato che l’isolamento volontario può avere diverse cause come fattori di carattere individuale, come esperienze traumatiche o personalità introverse oppure fattori famigliari, come dinamiche disfunzionali oppure aspettative molto alte sul rendimento scolastico; è evidente che il contesto scolastico e famigliare abbiano un impatto significativo sul manifestarsi del fenomeno dell’Hikikomori.
Chi ha difficoltà a relazionarsi con i propri coetanei o prova ansia nei contesti esterni può essere un soggetto a rischio di isolamento perché con il passare del tempo può mettere in atto un vero e proprio meccanismo di rifiuto ed evitamento del mondo esterno (stress, ansia, paura o disagio) cercando rifugio in un luogo protetto che provochi sensazioni di sicurezza e appartenenza (la propria camera da letto).
Anche l’enorme progresso tecnologico è un fattore che può contribuire all’isolamento volontario; grazie a Internet e agli innumerevoli dispositivi tecnologici in nostro possesso il processo comunicativo tra le persone è cambiato notevolmente.
In sintesi il fenomeno degli Hikikomori è un fenomeno multifattoriale che spesso ha a che fare anche con il bullismo e con una società sempre più performante che impone alle persone di eccellere in ogni ambito della vita; la pressione sulle aspettative scolastiche e sociali può sopraffare le persone che spesso abbandonano la scuola o il lavoro. È proprio l’abbandono scolastico o lavorativo che può considerarsi un primo “sintomo” di questo fenomeno.
Come riconoscere i sintomi dell’isolamento volontario o Hikikomori
Alcune caratteristiche proprie di chi si isola volontariamente (isolamento sociale, disturbi del sonno, trascorrere molto tempo connessi in rete etc…) possono essere manifestazioni di numerose condizioni psicologiche e psichiatriche; per questo nel 2003 il governo giapponese ha divulgato una sorta di “linea guida” per identificare un caso di Hikikomori:
- uno stile di vita incentrato sulla casa;
- nessun interesse o volontà di frequentare le attività scolastiche o il lavoro;
- persistenza di questi sintomi oltre i sei mesi;
- assenza di altre patologie legate alla salute mentale o a disturbi della personalità.
Spesso chi soffre di questa condizione comincia a manifestare una grande insofferenza verso la società, rifiutando le attività extrascolastiche, le uscite con gli amici o le attività sportive, per poi abbandonare direttamente la scuola che viene percepita come ambiente ostile.
La pandemia da Covid19 e i conseguenti lockdown hanno esacerbato il fenomeno degli Hikikomori, diversi studi hanno infatti indagato le correlazioni tra l’isolamento volontario e la pandemia dimostrando che i lockdown e le quarantene hanno portato ad un peggioramento di condizioni già esistenti.
Come aiutare chi si isola volontariamente
Come abbiamo detto precedentemente gli Hikikomori sono principalmente ragazzi adolescenti o giovani adulti pertanto spesso sono i genitori o i famigliari a cogliere i primi segnali di disagio.
Innanzitutto è necessario escludere altre patologie fisiche o psichiatriche e rivolgersi a professionisti esperti che possano offrire ascolto, comprensione e risposte adeguate; percorsi mirati non solo individuali ma anche famigliari per analizzare il contesto della persona per proporre interventi specifici.
Affidarsi a persone competenti ed esperte può aiutare ad acquisire nuovi strumenti per gestire e affrontare i casi di Hikikomori; i professionisti del Centro Diametro offrono sostegno, supporto, consulenze e orientamento in tempi brevi con interventi personalizzati e multidisciplinari a giovani, adulti e famiglie che vivono problematiche correlate ai comportamenti a rischio.