Dal 2010 al 2015 l’incremento del numero delle persone infettate dal virus a livello mondiale è salito dal 10 al 13%.
Oggi, come ogni anno, si celebra la giornata mondiale contro l’AIDS. Un’occasione per fare il punto della situazione e pianificare strategie future, ma soprattutto per sensibilizzare e abbattere il pregiudizio, perché con lo stigma e l’emarginazione non si fa altro che peggiorare le condizioni di vita di chi è affetto dal virus HIV.
Un problema, quello della sieropositività, che riguarda ancora oggi le persone tossicodipendenti. Nel 2015, nelle strutture di Dianova presenti sul territorio nazionale sono state ospitate 6 persone contagiate dal virus HIV e 24 persone coinfette da HIV e HCV (Epatite C).
Dianova ribadisce il proprio impegno a livello di prevenzione con l’adesione alla Consulta delle Associazioni per la lotta contro l’Aids del Ministero della Salute; a rappresentarla, il Dott. Giorgio Barbarini, medico infettivologo del Policlinico San Matteo di Pavia e amico di Dianova da oltre vent’anni. Questo, ad oggi, il suo stato dell’arte dell’AIDS, con uno sguardo anche alla situazione italiana.
“La data del 1 dicembre, celebrata come Giornata Mondiale HIV/AIDS, è universalmente identificata come la ricorrenza per la presentazione/pubblicazione dei dati relativi all’andamento di questa infezione, che purtroppo è ancora in piena espansione. Il bollettino elaborato dal WHO (World Health Organization) sintetizza come fino al 31 dicembre 2015 si debba ritenere pari a circa 36,7 milioni il numero di individui viventi infettati dal virus HIV, ripartiti geograficamente in: 25,6 milioni in Africa centrale e sub-sahariana; 5,1 milioni in Asia Orientale e paesi del Pacifico; 2,4 milioni in Europa Centro Occidentale più Nord America; 2 milioni in America Centrale più Sud America; 1,4 milioni in Europa Orientale più paesi dell’Asia Centrale e 200.000 in Medio Oriente più Nord Africa (Tabella 1).
Confrontando questi dati con quelli riportati nel bollettino del 2010, si nota come nell’arco di un quinquennio l’incremento del numero di infetti sia stato fra il 10 e il 13% in tutte le realtà geografiche; nello specifico, trend in significativo decremento in Africa e sostanzialmente stabile in tutti gli altri paesi, mentre in Europa Orientale viene segnalato un aumento del 50%, con punte massime riscontrate in Russia (Tabella 2).
Il documento del WHO evidenzia come risultino attualmente sottoposti a terapia antiretrovirale circa 17 milioni di sieropositivi a fronte dei 7,5 nel 2010; l’incremento più significativo del numero di terapie somministrate è stato evidenziato nell’Africa sub-sahariana, dove in alcune nazioni (Sud Africa e Kenya in primis) la percentuale di pazienti sieropositivi in trattamento è di fatto identica a quella riscontrata nei paesi Occidentali (Europa e Nord America) (Tabelle 3 e 4).
La possibilità di intraprendere terapie idonee ha ridotto sia il numero di morti per AIDS (Tabella 5), sia il tasso di nuove infezioni, facendo comprendere come il traguardo da raggiungere, in attesa di terapie eradicanti e di specifico vaccino, sia quello di somministrare i farmaci antiretrovirali ad ogni individuo infetto, per giungere al quasi totale azzeramento di nuovi contagi e di evoluzione in AIDS conclamato.
Valutando la distribuzione delle modalità causali delle nuove infezioni, ci si trova di fronte a una mappa assai variegata (Tabella 6) in cui la tossicodipendenza risulta la condizione favorente il 51% dei contagi in Europa Orientale/Asia Centrale; in Europa Centro Occidentale è il rapporto omosessuale alla base del 49% delle nuove trasmissioni e in Africa Sub-sahariana nel 79% dei casi l’infezione da HIV è stata trasmessa nel corso di rapporti eterosessuali con soggetti non catalogabili in gruppi particolari.
Analizzando il dato europeo, non si può non sottolineare come nel 2015 l’incidenza di nuove infezioni abbia raggiunto livelli record (circa 153.000 casi a fronte ai 142.000 dell’anno precedente) con i 2/3 dei casi concentrati nella sola Russia e, complessivamente, l’80% nei paesi dell’Est.
In queste nazioni, purtroppo, i fondi messi a disposizione dai governi sono sufficienti a garantire la somministrazione della terapia antiretrovirale solamente a un terzo dei pazienti riscontrati sieropositivi, ed è facile comprendere come con queste premesse non sia difficile pronosticare un ulteriore incremento nei prossimi anni della diffusione dell’HIV.
Il commissario europeo alla Salute, Vytenis Andriukaitis, si è dichiarato assai preoccupato al Parlamento di Bruxelles di fronte a questi dati.
Di recente, anche l’Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato i numeri relativi all’infezione da HIV in Italia (Tabelle 7,8 e 9). Nello specifico si evidenzia come nel corso del 2015 siano state riscontrate circa 4.000 nuove infezioni, analogamente a quanto riportato per il 2014; un trend costante da circa un decennio che conferma
la grande assenza di politiche di prevenzione.
Numeri destinati ad alimentare il dibattito in campo scientifico tra i sostenitori della PrEP (la profilassi pre esposizione con assunzione di farmaci antiretrovirali) e i sostenitori della scarsa efficacia dell’intervento farmacologico preventivo perchè lavora su un unico livello, cioè solo come difesa contro l’HIV.
Nel 2015, le regioni con l’incidenza più alta sono state il Lazio, la Lombardia, la Liguria e l’Emilia-Romagna.
Le persone che hanno scoperto di essere HIV positive erano nel 77,4% dei casi maschi; l’età media era di 39 anni per i maschi e di 36 anni per le femmine. L’incidenza più alta è stata osservata tra le persone di 25-29 anni (15,4 nuovi casi ogni 100.000 residenti) (Tabelle 10 e 11).
La maggioranza delle nuove diagnosi di infezione da HIV era attribuibile a rapporti sessuali non protetti, che costituivano l’85,5% di tutte le segnalazioni; rapporti eterosessuali il 44,9% e rapporti omosessuali maschili il 40,6%). Il 28,8% delle persone diagnosticate come HIV positive era di nazionalità straniera.
Sempre nel 2015 sono stati diagnosticati 789 nuovi casi di AIDS pari a un’incidenza di 1,4 nuovi casi per 100.000 residenti, per un totale ora superiore a 60.000 dall’inizio dell’infezione (Tabella 12).
Si segnala inoltre come nell’ultimo decennio la percentuale delle persone affette da AIDS sia passata dal 20,5% del 2006 al 74,5% del 2015.
Questi dati, sommariamente riportati, sono numeri freddi, crudi; ora occorre analizzarli e scomporli per comprendere le strategie da elaborare e giungere a controllare la diffusione di un’infezione assolutamente prevenibile modulando adeguatamente ognuno il proprio comportamento eventualmente a rischio.”
Guarda le tabelle del bollettino elaborato dal WHO (World Health Organization)