Come aiutare un amico che si droga?

Non avrei mai pensato di dovermi chiedere come aiutare un amico che si droga.

Io e Gioele ci siamo conosciuti da bambini, avevamo 12 anni e giocavamo a rugby, eravamo due ragazzini spensierati, sempre in movimento, frequentavamo non solo il campo da rugby ma anche l’oratorio insieme.

Dopo un po’ di tempo, verso i 14 anni, Gioele ha cominciato a frequentare ragazzi più grandi e nuove compagnie; cominciava a declinare i miei inviti a giocare insieme, era sempre più distante e si comportava in modo strano, non capivo che cosa gli stava succedendo.

Aveva dei comportamenti per me assurdi, sbalzi di umore continui, momenti di euforia alternati a momenti di tristezza, ma eravamo adolescenti, nel pieno della fase della crescita…con il senno di poi un po’ tutti ci comportavamo così.

Andavamo nello stesso liceo ma in classi diverse, ormai incontravo Gioele solo nei corridoi durante l’intervallo, scambiavamo giusto due parole, lo vedevo sempre pallido, stanco, poco presente. Aveva anche smesso di venire a giocare a rugby e non lo vedevi più nemmeno al campo di calcio dopo la scuola.

Cominciavano a girare delle voci su Gioele, frequentava ambienti sempre più distanti, andava a ballare tutte le sere e ormai quasi non frequentava più la scuola.

Io nel frattempo continuavo a giocare a rugby, avevo conosciuto una ragazza, non vedevo l’ora di diplomarmi e di pensare all’università…

Ho perso di vista Gioele per qualche anno finché poi un giorno, mentre stavo partendo per il militare, ho visto un ragazzo in divisa che mi sembrava famigliare ed era proprio Gioele; per la prima volta dopo anni avevamo l’occasione di parlare!

Ci sedemmo accanto durante il viaggio in pullman, era visibilmente agitato e nervoso ma sembrava avesse voglia di chiacchierare. Gli raccontai della mia ragazza, dell’esame di maturità, dei nostri vecchi compagni di rugby e potevo vedere un velo di malinconia nei suoi occhi.

Quando cominciai a chiedergli di lui e della sua vita, purtroppo, scoprii tante, troppe cose, di cui non avevo minimamente idea. Il mio amico Gioele si drogava.

Cominciò a raccontarmi che aveva conosciuto l’eroina proprio nell’oratorio che frequentavamo, mentre io giocavo con gli altri ragazzi a calcio lui era in un angolo con la siringa in mano.

Andava a ballare ed era un continuo di acidi ed extasy, “Ero proprio un bambino ora che ci penso, ma con l’eroina cresci subito, ti senti subito grande.” Mi diceva.

Era molto preoccupato perché ora che eravamo in caserma non sapeva come fare: “non posso smettere con l’eroina, altrimenti vado in astinenza e sto male; sono appena arrivato e sono organizzato ma prima o poi dovrò andare a cercarla da qualche parte…”

Io gli sono stato subito vicino, non sapevo nulla del mondo della dipendenza, non sapevo come aiutare un amico che si droga, ma ho subito cercato di non lasciarlo solo.

Alla fine abbiamo ricucito il nostro rapporto, siamo tornati ad essere quei ragazzini spensierati di una volta e Gioele per tutto il tempo della leva militare e per qualche anno successivo non ha più toccato nulla. Ha cominciato a frequentare casa mia, ha conosciuto la mia compagna, aveva messo su peso e aveva trovato un lavoro nei cantieri del territorio.

Io stavo costruendo la mia famiglia, il mio lavoro, la mia casa ed ero molto felice di poter condividere quei piccoli traguardi con il mio amico d’infanzia.

Dopo un po’, verso il 2013, Gioele ha cominciato a inventare impegni, a non rispondere alle telefonate, diceva di avere una fidanzata e di essere pieno di cose da fare, ma c’era qualcosa che non mi convinceva nelle sue affermazioni, era di nuovo distante, scostante e le voci in paese erano ricominciate.

Un giorno decisi di aspettarlo fuori da lavoro senza avvisarlo, lo feci salire in macchina e senza troppi giri di parole gli chiesi se aveva ricominciato a fare uso di eroina; Gioele come un fiume in piena mi raccontò che il problema non era più l’eroina, ma la cocaina.

“La cocaina, la peggior bestia che abbia mai conosciuto, è subdola. Ogni sera vado in paranoia e mi ripeto che quel tiro sarà l’ultimo. Ma poi il mattino mi sveglio e mi faccio di nuovo, anche se poi sto male. Me la sono sempre gestita con l’eroina, lo sai, ho smesso, ho chiesto aiuto, ma con la cocaina ho perso il controllo. Senza coca non riesco a fare niente, prima la sniffavo occasionalmente, pensavo di poterla gestire, ci stavo anche abbastanza dentro, poi ho cominciato a fumarla e adesso la situazione mi è sfuggita di mano del tutto.

Sembra strano ma per mangiare devo farmi un colpo, un altro per andare a dormire e almeno due per svegliarmi. Perdo costantemente sangue dal naso.

Non capisco perché non riesco ad avere il controllo, dopo anni e anni di eroina come può essere la cocaina il problema?”

Non sapevo cosa dire, io nemmeno conoscevo la differenza tra eroina e cocaina, ma lo guardavo, guardavo il mio amico a cui si vedevano le costole, con il viso scavato e le cartilagini spappolate…

Ho subito capito che aveva bisogno di aiuto, questa volta aiuto serio, dovevo capire come fare ad aiutare il mio amico con un problema di dipendenza.

Nel giro di qualche giorno ho chiesto un po’ in giro e mi è stato consigliato di rivolgermi a Dianova, una realtà che aiuta persone con problemi di dipendenza fin dagli anni ’80.

Ho provato a chiamarli al numero verde, avevo mille cose da chiedere e non sapevo nemmeno da dove iniziare: dopo avermi dato alcune informazioni mi hanno indirizzato verso la Comunità di Garbagnate Milanese dove ho parlato con una psicoterapeuta che mi ha spiegato per filo e per segno cosa dovevo fare per aiutare il mio amico Gioele.

Ci ha indirizzato allo SMI e siamo subito andati insieme a fare un colloquio. Gioele aveva perso le speranze, pensava che non sarebbe mai riuscito a uscire dalla dipendenza, io invece credevo in lui e continuavo a spronarlo e a convincerlo che la Comunità poteva davvero aiutarlo.

Gioele è entrato in Dianova un lunedì di gennaio con solo uno zaino; appena ho visto che caricava solo quella piccola borsa nel bagagliaio della macchina l’ho guardato storto.

“Tanto ci rimango massimo una settimana, non credere…” mi disse.

Lo accompagnai e dopo un viaggio in macchina circondato dal silenzio ci salutammo con un abbraccio e una forte pacca sulla spalla, proprio come facevamo prima di una partita di rugby quando eravamo ragazzini, solo che ora avevamo 35 anni.

“Ci vediamo la settimana prossima quando mi verrai a riprendere!” mi urlò scherzando mentre entrava in Comunità accompagnato da un’operatrice.

Gioele non è rimasto una settimana in Dianova, ma 2 anni.

Gli telefonavo un paio di volte al mese ed era ritornato ad essere il Gioele che conoscevo da ragazzo, premuroso, sveglio, energico e solare.

“Sai, sto cominciando a conoscermi un po’, mi facevo da quando avevo 13 anni, non ho idea di chi io sia senza sostanze. Sai che ora che sono qui comincio a pensare che da lucido non sono poi tanto male?

Mi disse un giorno mentre eravamo al telefono scherzando. E no, il mio amico Gioele non è affatto male..

Gioele ha concluso il suo percorso in comunità da un paio d’anni, ha trovato lavoro, ha comprato casa, ha trovato una compagna e va a correre tutti i giorni.

Dopo 20 anni di dipendenza ora è una persona nuova. Io ho capito che non c’è nulla di straordinario in quello che ha fatto, è una cosa che può capitare a tutti. Non ci vogliono i super poteri per uscire dalla dipendenza, ci vuole solo il coraggio di chiedere aiuto a chi può davvero offrire un’alternativa.

Ho voluto fortemente che Gioele fosse il padrino di mio figlio il giorno del suo battesimo, perché secondo me è un grande esempio di coraggio. Durante il battesimo lo vedevo vestito di tutto punto, con la sua compagna sotto braccio che giocava con mio figlio. Si era accorto che lo stavo guardando e si avvicinò e mi tirò una delle sue fortissime pacche sulle spalle.

“Non ti ho mai detto una cosa e oggi ci tengo a dirtela: grazie per non esserti tirato indietro e aver creduto in me quando io credevo di non valere nulla. Non ho mai avuto modo di dirti quanto ti sia grato per avermi accompagnato a chiedere aiuto quando nemmeno io volevo farlo.

Ora devo solo chiederti un ultimo favore: vuoi essere il mio testimone di nozze?”

Ma questa è un’altra storia…